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Alcuni ricordi estratti dal giornale di bordo di 'Ata'Ata...
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2019 - 2020
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2018
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2017
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2016
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2015
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La traversata dell'Oceano Pacifico Sud
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Dunedin - Isole Chatham
Punto Nemo - Valdivia
Era un'avventura che mi stava a cuore da molto tempo, quella di attraversare il più grande degli oceani nei quarantesimi sud e piantare le mie bandiere al Punto Nemo. Perché? Non lo so, ma a quanto pare l'uomo è semplicemente così fatto che quando vede una montagna di fronte a lui, sente il bisogno di scalarla e che sulla riva di un oceano, un marinaio deve attraversarlo per andare a vedere cosa c'è dietro l'orizzonte. In un momento duro della traversata, ho annotato nel mio diario la famosa parola di Platone, rivista nello spirito di César di Marcel Pagnol con il suo truculento accento di Marsiglia:
Ora che ho realizzato questo vecchio sogno ... mi pento di aver aspettato i miei 70 anni per farmi questo regalo! Non posso dire che sia stato facile, perché rimane un grosso pezzo da masticare, un pezzo lungo, soprattutto, ma mi sono sentito molto a mio agio e, arrivando vicino alla costa sudamericana, avrei potuto facilmente continuare il viaggio: nessuna sensazione di "basta" o di "finalmente terra". Ho semplicemente provato tanta felicità durante questa traversata, cosa della quale posso solo rallegrarmi, quando penso che tre mesi prima della partenza ero su un letto all'ospedale di Dunedin, in Nuova Zelanda, per farmi operare alla spalla.
Sono stato molto felice di fare le prime 500 miglia, alle Isole Chatham, con il mio amico Allan di Dunedin, per il quale è stata la prima crociera in alto mare. Solido kayakista di mare, sempre in vena e pieno di umorismo, è l'accompagnatore sognato, uno dei pochi con cui rifarei un'altra traversata un po' muscolosa. Partiti dal fiordo di Otago Harbour con raffiche di una quarantina di nodi, sono stati cinque piacevoli e vari giorni di navigazione, molto freddi anche, dopo i quali siamo stati calorosamente accolti alle Chatham. Il capo del porto peschereggio di Waitangi ha messo a nostra disposizione una boa, molto benvenuta in questa grande baia non molto chiusa e dove 'Ata'Ata sembrava far parte della famiglia delle robuste barche da pesca locali, in alluminio grezzo come lei.
Angus, il poliziotto delle Isole Chatham, che aveva ricevuto ufficialmente dall'immigrazione nuova zelandese la missione di controllare che Allan sbarchi e resti in Nuova Zelanda (le Chatham non havendo un posto di frontiera), ha soprattutto avuto l'immensa gentilezza, con la sua dolce compagna Natalie, di Wellington come lui stesso, di farci scoprire tutta l'isola principale, portandoci per due giorni in un giro di ispezione nella macchina della polizia.
I 500 abitanti dell'arcipelago vivono di pesca all'aragosta e al blue cod, che inviano con l'aereo ad Auckland a prezzi d'oro. I loro soldi li spendono nell'unico bar-hotel del villaggio principale di Waitangi in birre da prezzi esorbitanti, ma che il bel sorriso della titolare e la piacevole atmosfera dello stabilimento rendono più facilmente digeribili! Ma queste isole, perse in quell'angolo perso del Pacifico e che sono visitate solo da pochissime barche, mi hanno lasciato per lo più il ricordo di paesaggi meravigliosamente selvaggi in giochi di luce che solo un clima dai cambiamenti così violenti e improvvisi può mettere in scena in una natura così grezza.
Dalle Chatham, ora solo a bordo, ho navigato per una settimana all'ENE fino al quarantesimo parallelo S, per aggirare le depressioni che imperversavano in quel momento più a sud sul grande cerchio. A 40° S - 159° W ho preso lo stesso una piccola burrasca da SSE, della quale il più forte è durato solo poche ore, durante le quali ho tranquillamente lasciato la barca navigare fuori rotta verso N, con grande facilità. Poi sono sceso abbastanza regolarmente in latitudine fino al Punto Nemo, questo punto del mondo più lontano da qualsiasi terra, che mi ero promesso di raggiungere per piantarci la bandiera svizzera con quelle dei Fadanautes del Cercle del Voile de Neuchâtel e dell'Otago Yacht Club, che mi aveva fatto l'onore di nominarmi membro d'onore. Ho approfittato di questa "conquista" di territorio svizzero per mettere un po' di ordine in questo angolo del Pacifico, installandoci anche cartelli, che ora consentono di navigare più facilmente lì, indicando direzione e distanza di alcuni luoghi per me simbolici, in Svizzera, Italia e Germania, nei Stati Uniti, in Polinesia e in Nuova Zelanda. A 4100 metri di fondo...! :-)
Lì mi dispiacque un po' di non avere una radio HF, che probabilmente mi avrebbe permesso di entrare in contatto con i ragazzi della stazione spaziale ISS, gli esseri umani più vicini a me in quel momento. Ci ho provato con il VHF, ma senza successo, ne sorpresa. Peccato, perché avrei potuto chiedere loro di darmi un po' di spazio prima di svuotare il loro cestino delle immondizie... tanto è vero che è in questo angolo deserto del nostro globo che le agenzie spaziali del mondo fanno cadere i loro satelliti in fin di vita, nonché rifiuti orbitali di ogni tipo!
I forti venti occidentali ci hanno poi spinti fino a 50° S, dove ho preso la burrasca più memorabile di tutta la mia vita da marinaio: in venti dell'alto della scala delle tempeste e con onde che a volte spazzavano il ponte strappando tutto ciò che potevano, 'Ata'Ata si è dimostrato essere la piccola meraviglia che sapevo ed è decisamente con una solida barca a deriva che rifarei una traversata nelle stesse latitudini e condizioni. È vero che i mari del profondo sud sono diversi: il mare lungo, che da ovest è sempre presente, aspetta solo le burrasche che si susseguono con la regolarità di un metronomo per generare queste onde enormi che colpiscono la barca, specialmente quando incrociano ad angolo retto un treno di onde secondarie lasciate dalla direzione del vento precedente. È impressionante, lo ammetto, vedere l'acqua cascare giù, come sotto pressione, attraverso gli interstizi del panello della cabina, pure ben chiuso! Ci sono momenti in cui ci si sente veramente piccolo, insignificante e ci si può solo assistere umilmente allo spettacolo di questo incredibile scatenamento di forze...
Ma tutto sommato è ancora il freddo che è stato il problema più grande: intorno a 0°, quando tutto è bagnato, con la pioggia che sa di neve o grandine che ti frusta il viso e le mani, puoi metterti strati di vestiti buoni e non togliere niente per dormire, ci si gela! Bevevo un caffè dopo l'altro, già solo per il piacere di scaldarmi le mani, il riscaldamento di bordo non essendo utilizzabile in navigazione in queste condizioni.
Ho anche avuto un po' di fortuna, un po' tanta cio'è: poco dopo la metà strada e dopo la più forte tempesta della traversata, ho rotto una sartia bassa a causa di una semplice piastra di acciaio inossidabile piegato che ha cristallizzato (un fenomeno ben noto, ma che in pratica ho vissuto dal vivo in diretta per la prima volta in 50 anni di navigazione). Sono riuscito a riparare e a proseguire senza forzare per non perdere l'albero, sacrificando un po' di velocità, il che non aveva nessuna importanza (avrei probabilmente guadagnato 2 giorni se avessi potuto navigare a piena potenza). È psicologicamente molto spiacevole, a 2000 miglia da qualsiasi terra, vedere improvvisamente una sartia che balla liberamente in aria, sapendo che ci sono altre cinque piastre identiche che tengono l'albero, quindi con lo stesso rischio di rottura: materiale troppo debole, indebolita dall'impronta lasciata dalla macchina piegatrice! La grande riserva di corda del bordo è stata molto utile per riparare e rinforzare il sartiame, in particolare i 200 metri di Dyneema da Ø 8 e 10 mm. Comunque il tutto ha tenuto e nella morsa dell'officina della marina all'arrivo ho potuto fare piastre nuove in acciao inossidabile di spessore corretto.
Ho anche dovuto fare una nuova pala immersa del timone a vento, il profilo in alluminio originale essendosi rotto come un fiammifero, strappato da poppa verso prua, quindi nella direzione di marcia. A meno che un grosso pesce non abbia preso questa cosa per un stuzzicadente, sono i colpi delle grandi onde di poppa che hanno distrutto questo pezzo elegante, però di disegno errato: tenuto in posizione di lavoro da una vite-fusibile in nylon, dovrebbe essere ruotante anche verso prua e non solo verso poppa. Con il mio piccolo trapano ricaricabile sulla corrente di bordo, sono stato in grado di fare una pala di ricambio robusta, sacrificando la panca in legno compensato del gommone e aggiungendoci due guance in acciaio inossidabile. Questa pala di emergenzia funziona tuttora tanto efficientemente quanto l'originale.
A mille miglia dalla costa cilena, a 45° S ho navigato per quasi due giorni in una nebbia fredda e umida, con visibilità ridotta a meno di mezzo miglio. Era magico navigare in questo cotone, che mi ricordava le mie navigazioni dei vecchi tempi nel Canale della Manica e nel Mare del Nord, però lontano da tutto in mezzo al nulla. Fortunatamente il vento del settore sud mi permetteva di far rotta abbastanza regolarmente lo stesso. E a 200 miglia dalla costa ho fatto il primo e unico incontro di tutto il viaggio, quello di una grande nave da pesca cilena che incrociava la mia rotta davanti.
Dopo 45 giorni di mare e 4735 miglia, sono stato calorosamente accolto al Valdivia Yacht Club, nel loro piccolo porto turistico di La Estancilla, sul Rio Valdivia, a metà strada tra la città e l'oceano. Dopo tutti gli amici che avevo trovato in Nuova Zelanda, anche i cileni sono meravigliosi di gentilezza, come quelli della Marina, delle dogane, dell'immigrazione, del ministero dell'Agricoltura e del MRCC (salvataggio marittimo): svolgono il loro lavoro molto seriamente ma senza complicazioni e con molta gentilezza e bisogna ricordare che è l'unico paese dell'America del Sud ad aver messo un piedi un'organizzazione di salvataggio in alto mare su una superficie così vasta, poiché vanno dall'Antartide ai Tropici e all'Isola di Pasqua ad ovest). Complimenti!
Era da un po' che non avevo spolverato il mio spagnolo e mi è stato molto utile, perché dopo il mio arrivo non ho più avuto un momento per me: sono sempre invitato sulle altre barche o ricevo navigatori venuti a congratularmi per questa bella traversata in solitario, spesso con una bottiglia di vino o qualche altro regalo! La gente è meravigliosa e il posto, in un meandro dell'unico fiume navigabile del Cile, è assolutamente delizioso, annegato in tutte le sfumature di verde. La contraparte, come lo confermano orgogliosamente gli abitanti della regione, Valdivia si trova nella zona più piovosa del Cile! Ed è vero che in media ce ne cade, anche se i primi giorni di quest'estate sono bellissimi. Non può lasciare indifferente pensare che questa "Region de los Rios", la regione idilliaca dei fiumi, di cui Valdivia è la capitale, è stata completamente rimodellata nel 1960 dal più forte terremoto mai registrato sul nostro pianeta: 9,5 di magnitudo, con danni inimmaginabili e migliaia di morti in Cile e in tutta la vastità dell'Oceano Pacifico!
Dal porto turistico c'è ogni 20 minuti un autobus che viaggia per una decina di chilometri lungo il fiume e raggiunge la graziosa citta di Valdivia. Con i suoi 130.000 abitanti e la prestigiosa Universidad Austral de Chile, tra altre università, la città è molto simile a Dunedin in Nuova Zelanda, di dimensioni simili e che vive anche lei attorno alla sua importante università del sud del paese. E il contrasto è davvero notevole, da una sponda all'altra del di , a 10.000 chilometri di distanza, tra queste due città amichevoli e accoglienti l'una come l'altra, ma con l'opposizione dell'atmosfera tranquilla, organizzata e pulita dalla città kiwi, dal temperamento settentrionale, e i colori, i suoni e le attività tumultuose della città dell'America Latina. Che privilegio meraviglioso à quello di essere stato in grado di fare questa affascinante scoperta della ricchezza del nostro mondo alla semplice forza del vento nelle vele della mia piccola barca, che mi ha dato il tempo di prendere la misura reale delle cose!
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